Le navi a perdere infestano i nostri mari. Ora si faccia chiarezza e si perseguano seriamente i trafficanti di rifiuti tossici e pericolosi . Il ‘Comitato per la verità sulle navi dei veleni’ di Legambiente torna a chiedere di perlustrare i fondali calabresi e lucani e fare chiarezza sui rischi di contaminazione delle acque
L'importante ritrovamento del relitto affondato a largo di Cetraro speriamo permetterà di affrontare con nuovo vigore le inchieste chiuse forse troppo frettolosamente e le indagini mai correttamente approfondite su una pratica assai diffusa che ha visto, tra gli anni Ottanta e Novanta, una quarantina di navi affondare misteriosamente nei punti più profondi del Mediterraneo. Nei prossimi giorni i dirigenti nazionali e locali di Calabria e Basilicata della Legambiente incontreranno il Procuratore di Paola per offrire l’aiuto dell’associazione e per consegnare i dossier raccolti sin dal 1994 con i primi esposti presentati e l'ampia documentazione assemblata nel tempo sulle misteriose sparizioni di navi che non hanno mai lanciato il may-day mentre gli equipaggi si sono stranamente volatilizzati. E' il caso della motonave Nikos I, sparita nel 1985 durante un viaggio iniziato a La Spezia per giungere a Lomè (Togo), probabilmente affondata a largo tra il Libano e Grecia; della Mikigan, partita nel 1986 dal porto di Marina di Carrara e affondata nel Tirreno Calabrese con tutto il suo carico sospetto. Il 21 settembre del 1987 a 20 miglia da Capo Spartivento in Calabria, naufragò invece la Rigel, unico caso in cui - grazie alle denunce di Legambiente - è stata ricostruita almeno in parte la verità giudiziaria. Nel dicembre del 1990 è la motonave Rosso (ex Jolli Rosso) a piaggiarsi lungo la costa tirrenica in provincia di Cosenza. Nel 1989 sarà la motonave maltese Anni ad affondare a largo di Ravenna in acque internazionali mentre nel 1993 sarà la Marco Polo a sparire nel Canale di Sicilia e ancora nel novembre del 1985 affonda a largo di Ustica la nave tedesca Koraline. Ora è necessario ed urgente che si riaprano le inchieste per perseguire i responsabili e monitorare il pericolo di contaminazione delle acque responsabili di patologie gravi per l'uomo e danni enormi all'ecosistema. Dobbiamo rilanciare la richiesta e l'impegno affinché si approdi quanto prima alla verità sulle tante vicende legate all'intrigo radioattivo, caratterizzato da connivenze e reticenze a vari livelli e finanche morti misteriose. Chiediamo misure serie ed immediate a tutela del diritto di sapere dei cittadini e per scongiurare che nel futuro fatti come questi tornino a verificarsi. Il ritrovamento della nave al largo di Cetraro conferma quanto Legambiente ha denunciato sin dal 1994, quando presentammo l’esposto che dette il via alle indagini sui relitti sospetti e ci dà forza nel continuare a sostenere le attività del “Comitato per la Verità sui traffici nazionali e internazionali di rifiuti e materiali radioattivi”, nato nel 2007 su iniziativa di Legambiente, che non ha mai smesso di cercare di fare chiarezza sulle responsabilità dei trafficanti e sulle eventuali conseguenze sanitarie degli affondamenti nel Mediterraneo. È necessario l’intervento dello Stato, affinché sia assicurato il massimo impegno delle istituzioni per il raggiungimento della verità, per la complessità delle azioni da porre in essere per il recupero dei fusti dalla nave individuata e, soprattutto per avviare una grande campagna di monitoraggio sugli altri siti sospetti, in particolare lungo le coste lucane e calabresi che, come si evince anche dallo studio della regione Basilicata, potrebbero nascondere le prove di questi traffici.
In particolare si chiede:
1. il massimo sostegno alla magistratura nelle indagini ancora in corso sia per quanto riguarda gli affondamenti sospetti delle cosiddette “navi dei veleni” sia per quanto concerne i presunti traffici di materiale radioattivo;
2. la realizzazione di un’approfondita campagna di monitoraggio nei siti marini dove si presuma siano avvenuti gli affondamenti delle navi e dei loro carichi tossici;
3. l’immediata azione di recupero dei fusti contenuti nella nave appena individuata a largo delle coste calabresi.
Sul sito della Legambiente Basilicata sono disponibili e liberamente consultabili i vecchi dossier di Legambiente sulla vicenda, per chi fosse interessato ad approfondire la vicenda.
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